Ritrovamenti sul greto del fiume Panaro

 

 

Il quadro geologico

 

Da "I beni geologici della provincia di Modena"

 

 

I depositi Pliocenici medio-superiori e Pleistocenici, trasgressivi e di transizione

a depositi continentali nell'alveo del fiume Panaro presso Marano

 

 

Nell'alveo del F. Panaro, a valle di Marano, in adiacenza del "Percorso natura", affiorano in modo continuo, per una lunghezza di circa 4 km, sedimenti argillosi marini ricchi di fossili e i soprastanti depositi di transizione e continentali, d'età compresa tra il Pliocene medio-superiore e il Pleistocene. Questi affioramenti consentono di esaminare in dettaglio le modalità della trasgressione marina pliocenica e il successivo ritiro del mare al Pleistocene inferiore, con conseguente cambiamento di ambiente della sedimentazione, che da marina passa continentale.

Le argille sono venute a giorno in seguito ai fenomeni di erosione che, a partire dagli anni '60, hanno interessato non solo il fiume Panaro, ma anche gli altri corsi d'acqua del versante padano dell'Appennino: infatti, si può notare come i corsi d'acqua, presso il loro sbocco di pianura, attualmente corrano in profondi e stretti solchi, che le acque hanno scavato nelle argille, facilmente erodibili, dopo che le ghiaie che costituivano il letto dei fiumi, sono state interamente asportate.

Le argille marine, affioranti nell'alveo, fanno parte della formazione delle "Argille Azzurre", le quali costituiscono una fascia continua al margine dell'Appennino padano, caratterizzata spesso da calanchi, e forma il sottosuolo profondo della Pianura Padana. Sono costituite, da Marano sin quasi a Savignano da sedimenti argilloso-siltosi, poco o nulla stratificati, che appoggiano trasgressivamente sulle Argille a Palombini. Il contatto trasgressivo, che si può osservare immediatamente a valle della briglia posta a nord del pone di Marano, è caratterizzato da blocchi di calcari perforati da Litodomi e da alcuni metri di depositi sabbioso-ciottolosi di spiaggia, ricchi di resti di molluschi. L'immersione degli strati è verso nord, mediamente una ventina di gradi. A tutte queste Argille Azzurre, poco a valle di Svignano sul Panaro, in regolare successione stratigrafica, affiorano depositi di transizione sabbioso-ciottolosi stratificati, anch'essi immersi verso nord, di colore giallo rossastro, nei quali s'inserisce un potente banco formato da argille limose di colore verde-nerastro, che conteneva i resti di un Elefante, ora conservato presso il museo di Savignano. L'Elefante, un Archideskodon gromovi o A. meridionalis, avrebbe un'età collocabile intorno ai 700.000 anni dal presente .

A tetto di questa successione affiorano depositi continentali sabbiosi  e ghiaiosi, sempre di colore giallo-rossastro, alternati a livelli argillo-torbosi nerastri contenenti corpi di piante in posizione di vita e Gasteropodi continentali. I depositi di transizione e quelli continentali sono potenti circa una cinquantina di metri.

Le Argille Azzurre sono spesso ricche di malacofaune ( Lamellibranchi e Gasteropodi) e microfaune (Foraminiferie Nannofossili) caratteristiche di questo periodo. Ad esempio, Nell'alveo del F. Panaro, presso Marano, sotto la prima briglia, posta a valle del ponte, affiorano banchi sabbiosi, nei quali sono rinvenibili bivalvi come Spisula subtruncata, Chamelea gallinas e Glicimerissp., assieme a Gasteropodi dei generi Nassa, Nucula, Natica, Turitella, Vermetus, ecc. Nei banchi sabbioso-pelitici soprastanti ed affioranti poco più a nord, la associazioni a bivalvi presentano, fra le altre forme, Venus multilamelle, Pelicyara islandicoides, Glossushumanus e Amusium cristatum. Talora si rinvengono gusci di Echinidi (ricci di mare), carapaci di granchio e persino denti di squalo.

Alla base della seconda briglia di Marano, posta a valle della quale si è detto poco sopra, gli strati pelitico-sabbiosi sono caratterizzati da Corbula gibba; in alcuni livelli sono presenti quasi esclusivamente abitazioni tubiformi del verme polichete Ditrupa cornea, un chiaro indicatore dell'instabilità dei fondali, legata alla rapida ed intensa decantazione dei sedimenti fini in sospensione nell'ambiente acqueo. Nelle peliti, affioranti a tetto, aumenta la frequenza in gasteropodi come Amiclina italica, Turritella spirata e Lumatia helicina e si riducono le dimensioni degli esemplari, ad indicare un ulteriore approfondimento del bacino.

 La località, nella quale la fauna è più ricca e variata, anche se molto simile a quella presente sotto la prima briglia di Marano, si rinviene presso Vignola, ancora nell'alveo del fiume, poco a valle del ponte Muratori. La parte sinistra del greto del Panaro è completamente coperta di gusci di conchiglie, fra i quali si notano grandi accumuli di Flabellipecten flabelliformis e Clamis scabrella, associati con Arina pectinata, Ostreidi ed altri bivalvi, assieme a Gasteropodi del genere Mitrella, Vermetus, Nassarium, Trivia, Natica, Mitra, Nassa, Turricula, Turritella, Conus, Ficus, Fusinus, ed Aporrjais, di mare basso ed elementi come Glossus, Amusium, Acanthocardia ecc., che rappresentano, invece, ambienti di una certa profondità e con ridotta influenza del moto ondoso.

Nelle lenti detritiche presenti in quest'ultima località, caratterizzate da facies indicatrici d'ambiente, condizionano delle correnti di riflusso e delle burrasche che trasportano materiali e resti organici dai livelli superiori delle spiagge sommerse, sono state trovate la mandibola di Tapiro, esposta ora al Museo Civico di Vignola, e le ossa di cetaceo, che una tempesta di tre milioni d'anni fa aveva "spiaggiato" in quel punto, e che sono state recuperate, nell'estate del '94, dai curatori dello steso Museo, in collaborazione con l'(ex) Istituto di Paleontologia dell'Università degli Studi di Modena.

Da ricordare, infine, che a sud di Savignano sul Panaro, lungo la valle del Rio Pioppa, a confine con la provincia di Modena e Bologna, sono osservabili alcuni versanti, costituiti da Argille Azzurre e incisi da forme calanchive, tra le più belle e caratteristiche di tutta la provincia. 

 

 

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L'affioramento di Arenarie di Scabiazza, presso M. Mazzano

 

 

L'affioramento è ubicato lungo la SP "fondovalle Panaro" e costituisce il piede di una estesa scarpata naturale, presente nel versante orientale di M. Mazzano. L'esposizione è importante per due motivi: in primo luogo per le dimensioni (lacune centinaia di metri di estensione) e la frechezza ddel taglio naturale; in secondo luogo perché vi affiora una litofacies caratteristica delle Arenarie di Scabiazza, distinta nella nuova cartografia geologica alla scala 1:50.000 con la denominazione di "Membro di M. Mazzano". Si tratta di un litofacies insolita, che affiora soltanto in quest'area e che è costituita da torbiditi pelitico-arenacee, con una porzione arenitica basale di spessore variabile da 5-10 cm ad oltre il metro, ed a grana fine a media, seguita da un potente intervallo di argille marnose grigie, di spessore nettamente superiore e che può raggiungere anche i 5-6 metri. Gli strati, rovesciati ed immergenti verso sud sud-est, sono interessati da diaclasi sistematiche di estensione, con presenze di vene di calcite spatica  in alcuni punti visibile a tre dimensioni sulle superfici basali dei letti arenacei.

 

 

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La struttura tettonica delle Argille a Palombini presso Ponte Samone

 

 

L'affioramento, adiacente al ristorante "Toni" di Ponte Samone, in sinistra del F. Panaro, è esemplare per quel che riguarda mesostrutture presenti nelle Argille a Palombini, quando queste sono stratigraficamente smembrate e possiedono le caratteristiche di una tettonite con la tipica struttura a "blocchi in pelite". Gli elementi mesostrutturali presenti sono costituiti da:

  • una stratificazione tettonica o foliazione mesoscopica ben visibile ed immergente verso sud-ovest messa in evidenza dall'allineamento preferenziale dei blocchi calcarei inequidimensionali;

  • un clivaggio scaglioso pervasivo nella pelite subparallelo alla stratificazione tettonica;

  • delle cerniere isolate di pieghe chiuse o isoclinali con superfici assiali parallele alla foliazione e con linee di cerniera parallela sia alla direzione sia all'immersione della foliazione tettonica;

  • delle fratture di estensione o di taglio estensionali che delimitano i singoli blocchi calcarei;

  • delle fratture di taglio e delle vene di estensione interne ei blocchi calcarei.

La presenza di cerniere isolate di pieghe isoclinali e le polarità sia dirette sia rovesciate, determinabili nei blocchi calcarei, indica che la fogliazione visibile alla scala dell'affioramento è il risultato della trasposizione della stratificazione primari.

 

 

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Le pieghe nelle Argille a Palombini preso la confluenza dei Torrenti Leo e Scoltenna

 

 

L'affioramento è ubicato in prossimità del T Leo ed il T. Scoltenna, sulla sponda destra di quest'ultimo torrente; analogamente agli affioramenti di Marano sul Panaro, di M. Montanara e del T. Dragone, anche questa esposizione rappresenta una rarità, poiché le Argille a Palombini, anche qui, sono caratterizzate da strati lateralmente continui e da sequenze verticali ordinate, che permettono di osservare le caratteristiche litologiche, sedimentologiche e mesostrutturale della formazione in uno stato poco deformato, in cui è mantenuta la coerenza stratigrafica. nell'esposizione è visibile una piega mesoscopica disarmonica rappresentata da un'anticlinale antiforme. Si tratta di una piega aperta, con superficie assiale moderatamente inclinata (assetto 250°/45°) ed asse debolmente immergente a sud-est (asseto circa 135°/23°); la piega possiede quindi un asse a direzione appenninica, presenta il fianco nord-ovest rovesciato (inclinazione di circa 80° a sud-ovest) e quindi una vergenza appenninica (cioè a nord-est). L'esposizione si segnala anche per il fatto che è possibile osservare con estremo dettaglio l'esistenza di vene da millimetriche a centimetriche parallele alla stratificazione con fibre ortogonali alla stratificazione stessa. Queste vene sono ripiegate assieme agli starti e testimoniano la presenza di sovrapposizione di fluidi prima del piegamento. Sono inoltre osservabili altri tipi di mesostrutture fragili quali famiglie di diaclasi sistematiche, di taglio e di estensione e vene estensive a calcite, sia fibrose, sia a mosaico ortogonali alla stratificazione.

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